Jon Sobrino è uno degli intellettuali più rispettati in El Salvador. E’ anche un ricercato. Teologo della liberazione all’Università Gesuita di San Salvador, stava viaggiando all’estero la sera di novembre del 1989 quando uno squadrone della morte fece un raid nel campus dei preti. Per una fortuita casualità, Sobrino sopravvisse. Molti dei suoi più cari colleghi – sei professori, la loro cuoca e la figlia della cuoca – furono uccisi.
Massacri. Sparizioni. Omicidi. Insabbiamenti. Per dodici anni il Salvador ha vissuto una guerra civile in cui atrocità come l’omicidio dei compagni Gesuiti di Sobrino sono stati insabbiati e coperti dalla propaganda ufficiale. Per porre fine alle violenze, una Commissione Verità sponsorizzata dalle Nazioni Unite, con il compito di creare un rapporto definitivo sugli orrori della guerra, è diventata una componente centrale del processo di pace che ha messo fine al conflitto nel 1992. Quando la commissione pubblicò il rapporto definitivo, “Dalla Pazzia alla Speranza: La Guerra di Dodici Anni in El Salvador”, nel marzo 1993, le sue scoperte furono sorprendenti. La commissione proponeva una versione degli eventi della Guerra diversa da quella ufficiale, ritenendo che le forze armate di El Salvador ed i relativi alleati paramilitari fossero responsabili per la grande maggioranza degli orrendi abusi. Questa era la realtà già conosciuta dalle vittime e dai testimoni, dai commissari per i diritti dell’uomo che riesumarono i corpi per documentare le violazioni e dalla popolazione tutta, che aveva vissuto nel terrore. Jon Sobrino ha sostenuto che il vero autore del rapporto era il popolo di El Salvador.
Tuttavia di recente, la verità di El Salvador riguardo al conflitto è stata contestata ancora. Questa volta non è l’esercito o l’elite che governa a tentare di riscrivere la storia del paese. è l’unica superpotenza rimasta al mondo.
Mentre in El Salvador si è tentato di ricostruire una società basata sulla storia presentata dalla Commissione Verità, il governo Bush – avendo bisogno di esempi di intervento riuscito degli Stati Uniti da indicare come modelli perl’ Iraq e l’Afghanistan – ha rispolverato una versione differente della storia. Dodici anni dopo la pubblicazione, la relazione della commissione, che per gli scopi geopolitici potrebbe essere raccolta in un archivio storico della Guerra Fredda, si è trasformata in un documento politico ancora valido.
Nel fulcro della campagna elettorale statunitense del 2004, durante il suo dibattito televisivo più importante, il vice presidente Dick Cheney ha sostenuto che in El Salvador, dall’inizio degli anni 80 “un’insurrezione armata aveva preso il controllo approssimativamente di un terzo del paese, con 75.000 morti tra la popolazione. Ed abbiamo poi avuto libere elezioni. Ero là come osservatore a nome del congresso… I terroristi arrivavano e sparavano sulle persone in fila per votare, ma gli elettori tornavano e si rimettevano in fila, non avrebbero mai rinunciato al loro diritto al voto. Ed oggi il El Salvador è… molto meglio, perché abbiamo tenuto libere elezioni.”
L’insegnamento da trarne era che le elezioni in Iraq e Afghanistan, altrettanto cariche di violenza, seguissero un percorso possibile di “liberazione”. Durante un viaggio in El Salvador alla fine del 2004, il segretario della Difesa Donald Rumsfeld si dimostrò riconoscente e ringraziò la partecipazione dell’esercito di El Salvador “alla coalizione degli Stati Uniti” in Iraq, ed elogiò il governo conservatore dell’ARENA (fondato da Roberto D’Aubuisson, capo degli squadroni della morte) ed il paese tutto per la sua “forte comprensione della lotta umana per la libertà e la democrazia”.
Le perverse riletture della storia di Cheney e Rumsfeld sfidano la popolazione locale stessa ad una Commissione Verità. Ignorando i risultati del rapporto, il governo Bush rispolvera una rappresentazione del conflitto che, come un negativo di fotografia, inverte la luce e l’oscurità. Circa 75.000 persone furono uccise in El Salvador. La Commissione Verità ha sottolieato che le unità di governo e gli squadroni della morte erano responsabili dell’85% degli abusi dei diritti uomani, mentre giudicò le forze ribelli del FMLN responsabili del 5 % degli abusi, con un dieci per cento rimasto indeterminato. Le elezioni che Cheney ha sorvegliato – dove il voto era obbligatorio ed il dissenso pericoloso – furono un tentativo per legittimare il regime con un’aura di rispettabilità democratica. Tuttavia, gli omicidi continuarono per il resto del decennio.
Negli Stati Uniti, il Congresso ha commissionato un’indagine per determinare se il rapporto della Commissione Verità corrisponda con l’interpretazione degli eventi nel paese durante gli anni ’80 fornita dal Dipartimento di Stato. Nonostante le prove di enormi sotterfugi non è stata emessa alcuna accusa di falsa testimonianza o richiesta di reprimenda o scuse ufficiali. Un decennio dopo, molti degli architetti dell’intervento statunitense in El Salvador hanno ricevuto promozioni. (Elliot Abrams, un apologo pubblico della politica estera dell’amministrazione Reagan in America Centrale, è stato recentemente nominato per prestare servizio come vice-consigliere per la sicurezza nazionale, responsabile di ‘far avanzare la democrazia’ all’estero). Tutte queste cose provano con certezza che la verità del potere è il potere stesso.
Tuttavia, da testimone davanti alla storia, la popolazione di El Salvador ha rilasciato una dichiarazione che suona come un atto d’accusa, scegliendo di dire la verità in un modo che può ancora mostrarsi in grado di sfidare l’incontrollabile superpotenza. Il loro rapporto porta avanti un’asserzione che i nostri giornalisti ed intellettuali si mostrano regolarmente incapaci o poco disposti a sottoscrivere. Questa dichiarazione afferma che il governo Bush, il quale ritrae il conflitto in El Salvador come esempio di intervento benevolo, non interpreta con legittimità la storia dell’America Centrale. Piuttosto, la avvolge di bugie.
— La Commissione Verità di El Salvador ha documentato le violazioni dei diritti umani dal 1980 al 1991.
— La Commissione ha ricevuto testimonianza diretta di 2.000 Salvadoriani su casi di violazione dei diritti umani che hanno coinvolto 7.312 vittime.
— Ha esaminato 15 casi di omicidi extra-giudiziari e sparizioni, 4 massacri attribuiti alle forze del governo, 5 casi di omicidi attribuiti agli squadroni della morte, 8 casi di omicidi e rapimenti ascritti al Farabundo Martí National Liberation Front (FMLN).
— La Commissione ha fatto i nome di oltre 40 ufficiali militari e 11 membri del FMLN responsabili di aver odinato, eseguito o nascosto abusi.
— La conclusione della Commissione: le forze armate di El Salvador e gli squadroni della morte hanno avuto la maggior responsabilità per l’assassinio, la scomparsa e la tortura di civili.
— Questa è stata la prima volta dai processi di Norimberga e Tokyo, dopo la II Guerra Mondiale, in cui sono stati indagati degli episodi di violenza in un paese sovrano da parte di esperti provenienti dall’estero.