Dagli scioperi delle tariffe alle assenze per malattia, i movimenti stanno implementando una varietà di tattiche creative per interrompere gli affari come al solito.
Published in Jacobin Italia. Translated by Alberto Prunetti.
Dalle autoriduzioni nei trasporti all’assenteismo di protesta: i movimenti utilizzano svariate tattiche creative. Lo dimostrano gli scioperi delle insegnanti in diverse parti degli Usa
Un mese fa gli autisti degli autobus di Okayama in Giappone hanno intrapreso un’insolita forma di protesta sul posto di lavoro. Non hanno lasciato il lavoro, non hanno smesso di guidare lungo gli abituali itinerari e hanno continuato a far salire i passeggeri come al solito. Ma, con un colpo di scena sovversivo, hanno coperto le macchinette dei biglietti e si sono rifiutati di prendere soldi dai passeggeri. I viaggiatori avrebbero continuato ad andare dove volevano ma l’azienda non avrebbe tratto profitto dal viaggio: gli autisti, in maniera non concordata, facevano viaggiare tutti gratis.
Negli Stati uniti le insegnanti hanno puntato in alto con la loro mobilitazione, mostrando coi loro picchetti l’importanza dello sciopero convenzionale. In West Virginia come in Oklahoma, nel North Carolina come nel Kentucky, queste insegnanti che vivono in stati tradizionalmente conservatori hanno fornito un esempio stimolante di come lavoratori e lavoratrici possano usare azioni collettive ben organizzate per chiedere rispetto e ottenere conquiste prima considerate fuori dalla loro portata. Non c’è dubbio che se il movimento dei lavoratori negli Stati uniti vuole rovesciare le proprie fortune in declino, deve reintrodurre lo sciopero come tattica temibile da utilizzare di frequente.
Ma, per varie ragioni, non è sempre possibile tener fuori dal luogo di lavoro la maggior parte dei dipendenti per uno sciopero prolungato. Di fronte ad ambienti antisindacali e a leggi di lavoro ostili, chi organizza i propri compagni di lavoro deve spesso trovare altri metodi per promuovere l’unità e dimostrare il proprio potere. A volte le tattiche utilizzate finiscono per diventare valide alternative allo sciopero e servono anche come graffianti affermazioni di controllo sui processi lavorativi.
In questi mesi svariati movimenti hanno utilizzato tattiche creative per impedire il “business as usual” sul posto di lavoro. Dagli autisti degli autobus di Okayama ai giornalisti di Londra, gli sforzi degli attivisti hanno prodotto metodi originali (alcuni nuovi, altri consolidati) per esercitare un potere di disturbo.
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Questa corsa la paga l’azienda
A Okayama in questione c’era la sicurezza del lavoro. L’accresciuta competizione di una linea rivale ha spinto in una situazione più precaria gli autisti della compagnia Ryobi, nella parte meridionale dell’isola giapponese di Honshu. Quando la direzione si è rifiutata di concedere maggiori garanzie di stabilità ai dipendenti, gli autisti hanno dichiarato lo sciopero delle tariffe. Subito dopo hanno cominciato a fare le loro corse con coperte sistemate sulle macchinette dei biglietti, all’entrata degli autobus.
Oltre alle mobilitazioni di Okayama, c’è una ricca storia di scioperi delle tariffe nel sistema dei trasporti municipali, anche se di solito questi prendono la forma di autoriduzioni da parte dei passeggeri. Detto ciò, molti scioperi delle tariffe condotti dagli autisti hanno avuto luogo in Australia nell’estate 2017, prima a Sidney, dove gli autisti hanno dichiarato la “giornata del biglietto gratis” in risposta ai piani di privatizzazione del governo, e poi a Brisbane, dove gli autisti hanno lottato per autobus più sicuri e per salari migliori. Negli Stati Uniti, i lavoratori dei tram di Cleveland hanno minacciato di usare tattiche di lotta risalenti addirittura al 1944.
Gli autisti hanno usato il rifiuto delle tariffe sia come preludio allo sciopero che in situazioni in cui scioperare era legalmente proibito. La tattica essenzialmente è servita per raccogliere il sostegno del pubblico, inibendo al tempo stesso la capacità operativa del sistema. I datori di lavoro continuavano a strombazzare gli inconvenienti provocati ai viaggiatori da uno sciopero dei trasporti, al fine di volgere l’opinione pubblica contro la mobilitazione – con tinte fosche di bambini in pericolo perché non possono arrivare a scuola e anziani pazienti che non possono andare dal dottore – ma in posti come Sydney i passeggeri hanno visto di buon occhio la novità, risparmiando il denaro dei trasporti durante lo sciopero delle tariffe.
Alcuni scioperi delle tariffe promossi dai passeggeri hanno ulteriormente allargato questo sentimento di solidarietà. Il 27 gennaio 2016 un comitato di quartiere a Grand Rapids, in Michigan, animato da United Students Against Sweatshops, ha organizzato gruppi di passeggeri che salivano sugli autobus e si rifiutavano di pagare il biglietto. Si mobilitavano a sostegno dei lavoratori dei trasporti in lotta per difendere le pensioni e combattere l’aumento delle tariffe. Un volantino distribuito dai passeggeri e condiviso con gli autisti sosteneva che «le azioni recenti dell’ente verso voi e i vostri passeggeri sono una forma di violenza economica che non possiamo perdonare».
«Poiché scioperare in Michigan è illegale per gli autisti degli autobus sindacalizzati come voi» scrivono i passeggeri, «faccio la cosa più vicina allo sciopero come passeggero impegnandomi in questo sciopero delle tariffe di un giorno».
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«I giornalisti non possono fare la pausa pranzo»
A fine aprile 130 redattori nell’ufficio londinese di Al-Jazeera English hanno votato per un’astensione dal lavoro di un giorno, programmata per il 9 maggio. Dopo lo sciopero hanno promesso di continuare con un altro tipo di work action. Fino a quando la direzione non fosse stata d’accordo a negoziare, i reporter, gli editor e i caporedattori avrebbero continuato a fare il loro lavoro, ma solo al minimo contrattuale. Senza rispondere alle mail alle 2 del mattino, senza incontrare le fonti agli orari più strani, senza saltare i pasti.
«Work to rule», come viene chiamata questa tattica, ha una lunga storia nel movimento sindacale, ma non è comunemente associata ai reporter. («I giornalisti non vanno in pausa pranzo – ha detto un sindacalista di Al-Jazeera English – ma adesso faremo le nostre pause»).
C’erano comunque dei precedenti ai quali la redazione di Al-Jazeera poteva guardare. I giornalisti Reuters di New York e Washington D.C., associati a News Guild, hanno utilizzato con successo questa tattica alla fine del 2017, timbrando il cartellino rigorosamente al momento esatto della fine del turno. Nel caso di Al-Jazeera English la semplice minaccia di azioni sindacali ha portato la direzione a sedersi al tavolo delle trattative. L’anno scorso importanti proteste work to rule sono state messe in atto dalle insegnanti in California, Maryland, Massachusetts e Ohio, con le professoresse che per migliorare le proprie condizioni di lavoro si rifiutavano di correggere i compiti di notte, di fare assemblee pomeridiane e attività extracurricolari. Una insegnante di San Diego ha detto: «Questo è un modo per mostrare al distretto che aspetto hanno le nostre scuole quando i professori non fanno volontariato e la smettono con gli straordinari».
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Oggi nessuno si sente bene
Se una persona si mette in malattia in un dato giorno, di solito l’azienda se la cava senza troppi problemi. Ma se metà della forza lavoro si mette in malattia nello stesso momento, l’azienda potrebbe bloccarsi.
A maggio gli infermieri delle Bermuda e gli autisti dei camion del settore pubblico in Giamaica ne hanno dato una dimostrazione: centinaia di lavoratori e lavoratrici che non si sentivano bene hanno di fatto gettato i loro settori nello scompiglio portando alla ribalta lamentele di vecchia data.
L’uso collettivo e strategico dei giorni di malattia, una tattica comunemente conosciuta come “assenteismo di protesta” (sick out), è servito come metodo di base per creare interruzioni del lavoro in situazioni in cui ai lavoratori è legalmente proibito lo sciopero. Il pamphlet Come licenziare il capo racconta un aneddoto sull’efficacia di questa tattica:
In un ospedale psichiatrico del New England […] un rappresentante sindacale, parlando con un supervisor a proposito di un membro del sindacato che era stato licenziato, con noncuranza ha accennato al fatto che girava l’influenza e che le cose sarebbero andate lisce se non ci fosse un problema: non c’erano abbastanza persone in salute nelle corsie. Allo stesso tempo, naturalmente sempre per caso, dozzine di persone chiamavano l’ufficio del personale per sapere quanti giorni di malattia gli erano rimasti. Il direttore capì il messaggio e il membro del sindacato fu reintegrato.
La forza-lavoro organizzata in genere deve seguire la tattica con passo lieve, dato che i sindacati possono subire sanzioni legali se gli ispettorati o i tribunali del lavoro scoprono che sono loro a coordinare gli scioperi a gatto selvaggio. Allo stesso tempo le autorità non sempre decidono a favore del padrone: dopo che nel 2016 le e gli insegnanti di Detroit hanno ripetutamente chiuso le scuole della città usando la tattica dell’assenteismo di protesta, il distretto scolastico ha fatto causa alle leader delle mobilitazioni. Ma nell’agosto di quell’anno, un giudice si è schierato dalla parte degli insegnanti, decretando che le proteste contro il taglio dei finanziamenti alle scuole e l’eliminazione del controllo locale voluto dai repubblicani costituivano rivendicazioni politiche e non lamentele sul posto di lavoro ed erano pertanto protette dal Primo Emendamento.
Legale o no, l’assenteismo di protesta ha giocato un ruolo cruciale nella recente ondata di scioperi delle insegnanti, che fin dalle prime mosse hanno visto molti docenti prendere giorni di malattia o ferie per partecipare alle manifestazioni.
Con ognuna di queste tattiche i lavoratori dipendenti sono stati capaci di interrompere il regolare svolgimento del lavoro e attirare l’attenzione sulle inaccettabili condizioni lavorative, ma anche di portare avanti vecchie tradizioni di militanza sovversiva. Continuare a guidare sulla propria linea, fare la pausa pranzo o far notare che l’influenza si sta diffondendo in ufficio possono tutte essere azioni di per sé innocue. Ma, esercitate nel modo giusto, possono diventare forme di resistenza, geniali e al tempo stesso acute.
*Mark Engler, redattore di Dissent, è uno scrittore che vive a Philadelphia. Il titolo del suo ultimo libro, scritto con Paul Engler, è This Is An Uprising.
Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è di Alberto Prunetti.